Se poi un giorno io tornassi da me, non sarebbe male. C'è questa cosa, che non riesco ad immaginare me stessa dentro di me, e mi guardo sempre da fuori. È una cosa strana, un po' come quella che non riesco a visualizzare nella mente una bicicletta dritta - la vedo sempre sbilenca, come se stesse sempre affrontando una curva vertiginosa, è più forte di me. Allo stesso modo, non riesco né a ricordare né a pensare me stessa dentro di me. Mi vedo sempre da fuori, di solito di spalle, la nuca, il collo là dove è lasciato scoperto dai capelli. Non mi guardo mai in faccia, ma non sono in me, sono fuori di me, e mi guardo mentre faccio cose. Se mi immagino, mi immagino come se guardassi una sconosciuta - il set della fantasia cambia tutte le volte, e tutte le volte cambio un po' anch'io. Se devo ricordare qualcosa, la ricordo vista da lontano: non sono mai dentro i miei occhi, nella mia bocca, tra le mie dita, ma sempre fuori, a sbirciare la scena.
Una volta ero a cena con un amico, in un ristorante dove una parete era interamente occupata, nella parte alta, da un lungo specchio incorniciato. Il mio amico mi ha detto "Non ci credo che non ti sei specchiata nemmeno una volta. Non hai nemmeno sbirciato, neanche un'occhiata di controllo." Perché dovrei? Tanto mi guardo sempre da lontano. Sono dentro e sono fuori, sdoppiata, perché dovrei triplicarmi, aggiungendo un'altra me che dallo specchio guarda quella che c'è lì e quella che c'è qui?
È una cosa che in un certo senso mi ha sempre spaventata. Non mi va di stare qua fuori, vorrei stare lì dentro. Forse è per questo che sono sempre in preda all'ansia, è per questo che vivo con il costante terrore del fallimento: sono una specie di regista distante, che osserva obiettivo, che dirige la scena e pretende la perfezione; peccato che, al contrario del regista, io non abbia mai la possibilità di ripetere i ciack.
Mi chiedo cosa di me vedano gli altri, se vedano quello che, da lontano, vedo pure io. Per questo faccio tante domande, ma mai nessuna diretta - perché non sta bene chiederlo, penso, e poi come faccio a spiegare tutta questa cosa del doppio e del come mi vedo io senza sembrare assolutamente fuori di testa? Però come vorrei che ci fosse qualcuno che venisse a recensire il film che mi sto girando nella testa. Qualcuno che mi dica «Ehi, ho notato che ti stai sforzando molto! Ma, tranquilla, mi è piaciuta un sacco quella scena lì, quella lì dove tu dicevi questo e quell'altro. Molto figo.» Che poi, in realtà, non è questione di "manie di protagonismo". Forse è più un "va tutto bene, stai facendo bene, tranquilla, così è okay, ho visto che ci hai provato, ed è okay". No, beh, sono comunque manie di protagonismo (credo che si chiamino così, poi non so se abbiano un'altra definizione, e io sinceramente ora non c'ho lo sbatta di cercarla), ma la mia speranza è che, in fondo, tutti ne abbiano almeno un paio, di queste manie. Che ci sia, insomma, qualcun altro, oltre a me, che va nel panico e che vorrebbe tanto qualche bravo critico a battergli sulla spalla e a dargli qualche stellina, così, un po' per premio e un po' per incoraggiarlo a migliorare.
Per questo faccio tante domande, credo. Perché vorrei che gli altri le facessero a me.
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