Miei cari lettori, oggi sono proprio fuori dai gangheri. Avevo chiesto a quel lazzarone di Peter Parker di portarmi i nuovi primi piani dell'Uomo Ragno che aveva scattato durante la sua ultima bravata all'Empire State Building, e cosa mi combina quel ragazzino che pago sempre più di quanto vale?
"Signor Jameson," mi dice, "Signor Jameson, c'è stato un problema con le foto dell'Uomo Ragno... Le ho portato questo articolo, di una certa Ottonovetre, la nostra amichevole fanwriter di quartiere. È un buon pezzo, boss. Sono sicuro che valga la prima pagina!"
E cosa potevo fare io di fronte a quella faccia di tolla di un Parker? Ho stracciato l'articolo in mille pezzi e glieli ho gettati in faccia con disprezzo. "Sei il solito tonto, Parker! Io ti chiedo una cosa e tu non sei neanche capace di fare il tuo stupido lavoro! Puoi scordarti la paga, razza di incapace che non sei altro!"
Parker se ne è andato via piangendo, e io mi sono messo a fumare il mio sigaro per calmarmi i nervi. Ho fissato per un po' i pezzettini dell'articolo stracciato e alla fine, per passare il tempo, mi sono messo a riattaccarli con il nastro adesivo.
È venuto fuori, mi venisse un colpo secco, che l'articolo non era niente male davvero. Maledetto Parker, allora è vero che ha l'occhio buono... Ho deciso di pubblicarlo e di mandare a quella Ottonovetre un assegno di cinque dollari per la buona volontà, ma Parker sta fresco se pensa di vedere un centesimo su questo lavoro! Parola di Jonah Jameson.
Quello sfaticato di Parker che si crede uno scopritore di talenti. |
La Kukiness Production è orgogliosa di presentare
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METAFORE E SIMILITUDINI
Ah, le metafore: croce e delizia del fanwriter. Non c’è figura retorica più abusata e bistrattata della metafora. Evitare figuracce facendone a meno, però, è la via dei pavidi: meglio sviscerarle e vedere cosa funziona e cosa no.
Iniziamo chiarendo la differenza tra similitudine e metafora: la similitudine è introdotta da termini di paragone (come, quale, sembrava, pareva…), la metafora è inserita nel testo senza questi avverbi. All’atto dello scrivere, la metafora risulta più evocativa della similitudine, perché l’immagine arriva al lettore senza “intermediari”. Anche a livello di struttura del periodo, le frasi sono più corte, quindi più dirette:
“Mario è veloce come un fulmine.”
“Mario è un fulmine.”
Quando usiamo metafora e similitudine?
In un testo di fiction (che è quello che ci interessa) le usiamo quando vogliamo rendere più chiaro il concetto da esprimere e le parole che useresti normalmente non si rivelano sufficienti. Insomma, come tutti i trucchi e le regole di scrittura, anche la metafora si usa per essere più efficaci nel comunicare.
Utilizzare la metafora è una scelta rischiosa, per l’autore: il lettore si sta addentrando nella storia e tu gli schiaffi all’improvviso un concetto che estranea il suo cervello e lo spedisce in un altro campo semantico. Prendiamo Mariangelo che ha deciso di raccontare la storia di Henry Borrows, famoso detective. Mariangelo descrive il detective mentre sta percorrendo i corridoi di una fabbrica abbandonata in cerca dell’assassino. Decide di dire che il detective era molto silenzioso e aveva un’aria minacciosa, quindi scrive “si muoveva come un leone che ha fiutato la preda”. Il lettore si stava calando in un corridoio lungo, scuro e polveroso, quando sbuca d’un tratto nel suo cervello il leone acquattato nell’erba della savana. Lo sforzo che il lettore vi dedica deve essere ripagato da un’idea più vivida di quello che volevate descrivere (in questo caso, Mariangelo ha scelto una similitudine talmente stra-abusata da suonare fastidiosa: ritenta, Mariangelo!).
Stiamo quindi rischiando di perdere l’attenzione del lettore. Chiediamoci sempre se ne vale la pena.
Mariangelo, non fare quella faccia. |
ALARM!
ovvero, la sindrome del poeta
La cara wiki ci dice che “il potere evocativo e comunicativo della metafora è tanto maggiore quanto più i termini di cui è composta sono lontani nel campo semantico”. Vero, ma con riserva. Se scrivo che Maria piangeva “fiumi di lacrime” sto usando due termini vicini nel campo semantico ( lacrima = acqua, fiume = acqua ) e l’effetto sul lettore è “certo che si poteva sforzare un pochino di più”. Il bello della metafora è inventarsi un paragone simpatico, particolare, originale, meglio ancora se svela cose in più del personaggio che la usa. Il problema sorge quando spunta una brutta bestia chiamata “vena poetica” che produce alcune tra le perle più imbarazzanti nella carriera di uno scrittore: non è una buona idea inventarsi immagini troppo ardite: “Le perle cerulee che le solcavano le guance in una tragica rincorsa su strade selciate d’angoscia” non è poesia, è la strada più veloce (e nemmeno selciata d’angoscia!) per rendervi ridicoli.
Questa precisazione la faccio non perché sono una fanatica dello stile asciutto e odio la poesia e le figure poetiche, ma molto più prosaicamente perché scrivere metafore poetiche che siano anche efficaci E davvero evocative è difficile. Nella maggior parte dei casi sono solo immagini che, per molti motivi, suonano ricercate, ma se analizzate non vogliono dire nulla. Forse qualcuno di voi ha trovato interessante o poetica la frase sulle perle cerulee. Per vostra informazione, è stata concepita in una decina di secondi senza nessuno sforzo intellettuale. Confrontatela con i quaderni pieni di ripensamenti di Leopardi e riflettete se sono davvero parole poetiche e non, piuttosto, cose che “suonano bene” messe assieme da un generatore casuale.
Esempio di metafore ben fatte: ho scelto una canzone di Davide van de Sfroos perché ha buoni esempi di metafore evocative create con parole semplici.
Non è totalmente corretto da parte mia prendere una canzone, dato che stiamo parlando di narrativa. Epperò le canzoni di Van de Sfroos sono racconti, nel senso che c’è un inizio, uno svolgimento e una fine. È più produttivo per uno scrittore vedere esempi di metafore che accompagnano e fanno crescere la storia, rispetto a metafore che stanno lì a fare bella mostra di sé ma rigirano attorno a una situazione statica.
La canzone s’intitola “La machina del ziu Toni” (vi risparmio il dialetto, andiamo di traduzione): parla di un ragazzino che si trasferisce in città, ha successo ma perde la sua anima nei giochi del potere. Guardate come le metafore aiutano il cantautore a trasmetterci questo concetto (in grassetto, similitudini e metafore):
Sulla macchina dello zio TonySenza capotta né copertoniCol volante che si staccaCol cuscino di pelle di muccaParcheggiata nel fienileCon le galline sul sedileandavamo ad ascoltare le musicassettegiornaletti tutti pieni di tette
Era un viaggio immaginariosenza marce senza fanalicon i Black Sabbath e la lunasopra il tetto della cascinasigarette e moccolotti e adesivi sul cruscottoSant’Antonio e i Rolling StonesPadre Pio con i Ramones
Guarda come ballo benecon gli anfibi e la crestala barbetta da rastae le toppe sul giubbettoSono il re della Zocca dell’olioe qui in mezzo alla pista mi sembra che mi bastiTutto quello che hoe chissà giù in fondo al pratoche vita mi aspettaquando apro il cancelloche strada farò e che macchina lucidae che cilindratae chissà sul sedile qui di fianco chi si siederà
Piantato qui come un legnoa caccia di impiegoho imparato a spazzareho imparato anche a scodinzolaremordo i corni delle briochessopra un bancone appiccicosoodore di asfalto, di prostitutadi carogna, di lavanda
A Pandora abbiamo rotto il vasoIl coraggio lo abbiamo nel nasotatuaggi come maorima nostalgia dell’oratorioSiamo i draghi del fast foodtravestiti da Robin Hoodgli stregoni della borsaarchitetti di tutta questa farsa
Guarda come ballo benecon i vestiti della festatanto il mondo è una crostafinché puoi grattareGuarda come gioco benecon le carte della bancacol ministro e la tortache si deve dividereFacciamo a pezzetti le giornate come Sushima l’odore che ci resta non è molto buonoFacciamo credere di avere mille spinema siamo come castagne sotto i nostri cappottiVagabondi delle strisce pedonaliprofeti che guardano la sfera youtubee chissà sul sedile dello zio Toniche musica ascoltachi c'è seduto
Guarda come ballo benecon gli anfibi e la crestala barbetta da rastae le toppe sul giubbettoSono il re della Zocca dell’olioe qui in mezzo alla pista mi sembra che mi basti quello che ho
Could you be lovedCould you be loved
La parti evidenziate qui sopra ci aiutano a imparare un altro concetto: riprendete le metafore che avete creato! Usate con fantasia il nuovo campo semantico che avete tirato in ballo (come al solito, anche questo consiglio portato all’eccesso provoca alti livelli di ridicolo) e fatelo in modi diversi: nella canzone, il ballo effettivo del primo ritornello (i ragazzini con le cassette nell’aia) si trasforma in metafora nel secondo (l’uomo d’affari che si giostra nella vita come in un ballo). Ancora, notate come l’autore ha tenuto conto della storia del personaggio sempre nel secondo ritornello: mangia il sushi, cibo “di città” pretenzioso, vagola per le strade e guarda i video di youtube in cerca di una profezia sulla sua vita. Le metafore, in questo modo, risultano concrete tanto quanto i pezzi in cui non si usano: possiamo vedere lui che attraversa la strada con aria smarrita, esattamente come vedevamo lui e i suoi amici a sfogliare i giornaletti sconci.
Per contrasto, leggete alcuni esempi di metafore ardite, dove le parole auliche la fanno da padrone e il concetto affonda nella nebbia (pardon, nella bruma mattutina che si alza dalle pozze torbide come piombo fuso degli autunni gallesi):
ostentando lo sguardo di chi pativa i preliminari della ghigliottina
voce che sfiorava le pendici della neutralità
mente partizionata in un’effusione carnale e tremula
Se qualcuno mi sa spiegare soprattutto la terza (a me viene in mente un cervello tagliato in due da un bisturi che rilascia materia grigia e se ci fai pic-pic col dito si muove) mi fareste un grande piacere.
ALARM! (2)
ovvero, metafore sotto le lenzuola
Accanto alle metafore poetiche, un altro momento in cui scivolare nel ridicolo è questione di attimi è nella descrizione delle scene d’amore: se “pene” e “vagina” ci catapultano in un libro di anatomia e “cazzo” e “figa” in un film porno, le arrampicate metaforiche per evitare questi termini suonano spesso peggio. Dato che non ci facciamo mancare nulla, a volte c’è la combo: metafora poeticissima per rendere indimenticabile la prima volta del vostro personaggio. Arg.
Mi sento di darvi un consiglio spassionato: parlate di quello che accade e lasciate perdere le metafore. In queste scene, meno ce ne sono meglio è. Ovvio, non è un divieto categorico: Hitchcock conclude “Intrigo internazionale” con un treno che, birichino, si infila in una galleria (però era Hitchcock). Se proprio dovete usarle, le regole che valgono sono le stesse che usate per scrivere bene: siate semplici, usate le matafore e le similitudini per chiarire e non per infiorettare, adattatele ai personaggi.
Spesso le metafore venute male possono essere prese pari pari e infilate in una parodia. Se i vostri amici leggono ciò che avete scritto e ridono, fatevi qualche domanda.
Esempi di metafore “rosse” interessanti:
[1] Lui le bloccò i polsi, lei ringhiò.- Calma, diavolo. È solo che non voglio che provi a spezzarmi il collo, - le mormorò all’orecchio.Il ringhio diventò più basso, come quello di un gatto che fa le fusa.
[2] È così che sono io ad arrampicarmi su di lui, ad afferrare il suo collo come se stessi annegando. Per baciarlo.
[3] La donna con le calze rosse di seta, con i capelli rossi di seta, con il cuore rosso di seta voleva lui, il cacciatore sconfitto. Le mani di lei scivolavano sulla sua pelle, lo baciava con la sua bocca rossa di seta. Quando quella donna voleva fare l’amore con lui non c’era più spazio per i pensieri. Sapere che lo desiderava era una vittoria talmente dolce che il sapore amaro della sconfitta non si sentiva più.
[4] Harry sorride sulle sue labbra, sentendosi all'improvviso sfrattare dal proprio stesso corpo, i muscoli e i tremiti che gli sciolgono lentamente le ossa.
Esempi di metafore secsi:
[1] Me… me lo sta leccando come se stesse mangiando un gelato.
Proprio così! |
[2] Le nostre lingue iniziarono a cercarsi, creando, con il loro movimento rotatorio, un vortice di desiderio.
[3] È come se avessi una lancia affilata dentro di me, bollente, che causa non solo dolore ma anche bruciore.
[4] lui che con una spinta abbatteva il mio cancello di giada
[5] Tronco di carne virile
Bene, abbiamo valutato i rischi, spruzzato il Vape sulla vena poetica e deciso che nella scena ci va una metafora. Come scegliamo la più adatta? Sempre con stampata in testa la Regola Aurea (la metafora chiarisce, non complica), vediamo cosa altro influenzerà la nostra scelta.
Chi sta parlando? È plausibile che tale personaggio dica una cosa del genere o suona ridicolo?
Ogni personaggio ha un PDV personalizzato, se lo abbiamo caratterizzato bene. Quando decidiamo di usare una metafora nel PDV di un personaggio, facciamo in modo che non stoni con quello che abbiamo costruito nella storia. Un rude soldato non dirà che la donna che ha visto ha un profumo soave come le fragranze al bergamotto e lillà di quella botteguccia di Parigi, un bambino non userà paroloni complicati. Inoltre, come accennavo prima, usate le metafore in modo furbo! Fate capire chi sta parlando, lasciate che anche le metafore che usa parlino di lui. Il nostro soldato userà scenari di guerra, armi, situazioni che ha vissuto come termini di paragone.
Angolino del signor Lapalisse: siete voi e non io a conoscere il personaggio. Ovvio che ci potrà essere il soldato figlio del commerciante di profumi, così come un bambino genio che recita la Divina Commedia al contrario. Il succo è che la metafora deve essere plausibile in bocca a chi la dice.
Dove siamo? In che epoca?
Il nostro personaggio si muove in un ambiente particolare. Evitate errori plateali, come mettere metafore che contengono espressioni moderne in una storia ambientata nel medioevo, o mescolare le culture. Anche qui, usate una difficoltà iniziale (informarsi prima di scrivere e non andare “a orecchio” o a frasi fatte) per particolareggiare la vostra storia e far immergere il lettore nell’atmosfera!
ALARM! (3)
ovvero, caratterizzazione non vuol dire scadere nella macchietta
Riguardo ai due punti precedenti, non cadete nemmeno nell’errore opposto, ovvero la “sovracaratterizzazione”: le metafore possono essere vostre preziose alleate nel caratterizzare un personaggio, ma non fissatevi sull’unica idea che avete avuto per reiterarla troppo spesso.
Il soldato non vedrà tutto il mondo a forma di mitra, il giapponese non se ne andrà in giro a dire a tutte le ragazze che sono belle come i ciliegi del Kiyomizudera al principiare di aprile.
Va' come principiava l'aprile. |
La sovracaratterizzazione sbuca come un insetto rognoso quando state facendo parlare lo stereotipo del vostro personaggio e non il vostro personaggio. Siamo sullo stesso livello dei cinesi che parlano con la elle e del siciliano che mastica limoni e gira con coppola e lupara.
Uccide più il cliché che la pistola |
Esempio buono:
Hermione sorrise nel vederlo allontanarsi di corsa, neanche fosse stato inseguito da un ippogrifo imbizzarrito. Mentre anche l’ultima ciocca platinata scompariva dietro la porta d’ingresso della biblioteca, Hermione capì che avrebbe avuto bisogno di tutta la gentilezza, polso fermo, buona volontà e perseveranza di cui disponeva per aiutare il ragazzo. In fin dei conti Draco Malfoy non era molto diverso da un elfo domestico.
L’autrice qui sfrutta il fatto che ci troviamo nel fandom di Harry Potter. Inoltre, c’è tutta la buona volontà di Hermione nel non odiare Malfoy ma di imputare il suo comportamento all’ignoranza (come gli elfi domestici, che non chiedono la libertà solo perché male informati).
Esempio cattivo:
Il meriggio è trascorso da circa sei o sette ore, ma l’estate lascia suo figlio Apollo giocare con il carro più del solito.
Qui chi parla è un ragazzo normale di diciassette anni e siamo nei tempi moderni. Alzi la mano chi dice “meriggio” e chi pensa ad Apollo che lascia giocare Fetonte quando le giornate estive si allungano. Stampigliatevi il motto “parla come mangi”.
Che effetto voglio ottenere?
Come si diceva più su, la cosa peggiore che potete ottenere è che la vostra tragedia faccia ridere o che la vostra commedia faccia piangere. Sia che scriviate commedie sia che scriviate tragedie, le metafore vi saranno utili, con qualche accorgimento.
Caso 1: la vostra storia è seria. Per seria intendo che non è vostra intenzione far ridere la gente quando legge quello che avete scritto. In questo caso valgono i consigli esposti qui di sopra: chiarezza, personalizzazione, semplicità.
Caso 2: la vostra storia è comica. Se siete amanti delle metafore, ho buone notizie per voi: nelle storie comiche potete rispolverare tutto quello che vi ho vietato in precedenza! Ora però mettete via le faretre di aggettivi, che c’è l’iridescente che mi guarda male… Dicevamo, se state scrivendo una storia comica potete tirare fuori le metafore poetiche di cui sopra, perché avranno finalmente un senso come parodie. Il succo della parodia è portare gli elementi caratterizzanti della metafora all’assurdo o al grottesco. Via libera ad aggettivi improbabili e paragoni azzardati. Questo non vuol dire che le parodie e le storie comiche siano facili da scrivere. Come con le metafore “serie”, anche qui è questione di allenamento e occhio. Esagerare troppo non è più divertente, così come al decimo aggettivo il lettore non ride più, si sta chiedendo quando finirà la frase.
Esempio di parodia della metafora aulica:
Draco amava la Mezzosangue come un insignificante pesce in una boccia di vetro poteva amare la raffinata carta filigranata; con lo stesso totalizzante sentimento, silenzioso nel suo grido d'impotenza, ma disarmante nella purezza della propria emozione. Perché su di lei poteva scrivere boccheggianti versi d'amore senza voce, filtrati da quella trasparente prigione che permetteva a lui di guardarla, ma non di bagnarla, perché su di lei avrebbe potuto vergare tacite lettere dorate, nonostante fossero le sue stesse pinne ad impedirlo, costringendolo nell'immutevole statica fluttuanza dell'acquario. Lui era il pesce rosso, lei la carta filigranata. E così sarebbe stato per sempre.
Un altro modo di sfruttare la metafora, nel genere comico, è legarla all’anticlimax (partire da un concetto alto per arrivare a uno basso). Altro trucco è l’iperbole: esagerare il concetto che si vuole trasmettere.
Esempi di iperbole e anticlimax:
Una delle due si girò ed al giovane industriale si fermò il cuore: pareva un angelo biondo sceso sulla terra, leggiadra come una fata, aggraziata come una principessa, gnocca come Pamela Anderson.
Il controllore sfoderò un altro dei suoi viscidi sorrisetti. Anche Ikki sorrise, ma si sentiva come se una banda di foche monache gli stesse sguazzando nello stomaco.
…con i suoi occhioni lucidi che sembrava un venditore di cipolle interista.
- Come ti vengono certe idee, è impossibile… - gli fece Ikki con una voce da madama Butterfly.
Apollo in quel preciso istante stava uscendo dalla sua jacuzzi di centotrentadue metri di diametro dotata di idromassaggio di bollicinosità pari a quella contenuta in una fabbrica di coca cola in un tornado
- Ehi sorella, quello lo mangi? - gli domandò avvicinandoglisi un ragazzo grasso e alto, con un panino al mascarpone e soppressa in una mano e un tubo di carta con abbastanza erba da rifare il tappeto di san Siro nell’altra.
- Oh, mi scusi! - cinguettò, anche se sembrava più un passero lottatore di sumo che un leggiadro usignolo.
E concludiamo (alè!) l’articolo con la somma minima di quello che ho sbrodolato in 3000 parole (diamine, manco le mie fic vengono così lunghe): metafore e similitudini non sono Il Male, a patto che servano al nostro scopo, ovvero raccontare una storia.
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Le storie da cui sono stati tratti gli esempi
Come Santiago ebbe a che fare con gli italiani, di Dragana [Twilight]
Storie dal nido degli avvoltoi (capitolo 26), di Dragana [Twilight]
Elfo domestico, di Vannagio [Harry Potter]
Solo per questa volta, di ursuspov [Saint Seya]
Che poi se la gente comincia a scrivere articoli così belli per me, poi la gente pensa che questo sia un blog serio.
[Kukiness]
2 commenti:
Dio, assolutamente splendido. Se voi due insieme producete questa roba, per favore sposatevi! Me lo stampo e lo leggerò con l'evidenziatore in mano, c'è qualcosa da imparare ad ogni riga.
Complimenti carissime, e grazie di cuore.
Ah, io non ho alcun merito, ha fatto tutto lei *_* Ho solo dato lo spazio.
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