«Ma non penserai mica... Insomma, non si fa più sentire via cicatrice da...» Hermione sollevò di nuovo il bicchiere.
«Prima di oggi? Non da quella notte, no.»
«Aspettate un secondo, la cicatrice ha dato di matto e non hai detto niente? Harry, guarda che non è mai stato un buon segno quando è successo!» protestò Ron.
«Non è che dia di matto tutti i giorni. È stato un caso isolato, era furioso.»
«Certo, ma è il genere di cose che dovresti raccontare a Lupin o a mio padre, insomma, dovrebbero sapere, per capire se ha a che fare con qualcosa che stanno organizzando o che magari non avrebbero dovuto fare,» disse Ron. «Papà mi stava appunto dicendo l'altro giorno che ci sono tutte quelle...»
«Ron,» lo interruppe Harry.
«Che c'è?»
«Si trattava di una cosa mia, okay? Era furioso con me, perché in quel momento ero molto, ma molto felice, se capisci cosa intendo. Non penso che nessuno di noi si aspettasse che si mettesse in collegamento in quel particolare momento. E fino ad oggi non mi ha più dato nemmeno un pizzico. Mi sta bloccando fuori perché sa che il passaggio di informazioni funziona da entrambe le parti.»
L'espressione di Ron era di pura confusione; era chiaro che non gli fosse chiaro il punto.
«Oh per l'amor del cielo, Ron, Voldemort sa quando Harry ehm, raggiunge, uhm...» cominciò Hermione, prima di realizzare che il suo vocabolario con Ron non comprendeva nessuna delle parole necessarie per affrontare quel discorso, e non era del tutto sicura di voler cambiare le cose. «Dai, lo sai...»
Harry grugnì di nuovo. «Sta cercando di dirti che in quel momento ero il Ragazzo Che È Venuto.»
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