domenica 22 aprile 2012

Tutte le manie delle fanwriter: il punto di vista

Tutte le manie delle fanwriter
#1

L'argomento di oggi è il sesso.



Ora che ho ottenuto la vostra attenzione, possiamo parlare davvero di sesso. O per meglio dire, del sesso nelle fanfiction. Piantatela di fare la faccia del Rat Man e fate le persone serie! Qui si lavora, oh, mica si viene a perdere tempo. Viene, eh eh eh eh. Capita? Parlare di sesso, venire. Eh eh eh eh eh. Una battutina piccante per scaldare l'atmosfera, eh eh eh eh.

AHEM.





La faccia del Rat Man

La rubrica "Tutte le manie delle fanwriter" raccoglierà quelli che ritengo essere i problemi più comuni con i quali si scontra una fanwriter quando si trova ad avere a che fare con una scena piccante, e vi proporrà qualche possibile soluzione. Siete pronti?

Oh come godo oh com'è bello
(e il titolo dice tutto)

Ah, il punto di vista, croce e delizia del fanwriter. La prima cosa che bisogna fare quando si comincia a scrivere un racconto - nel nostro caso, una scena erotica, ma in generale vale per tutti i tipi di racconto - è scegliere il punto di vista. Il punto di vista è la voce attraverso la quale verranno raccontati gli avvenimenti al lettore.

La scelta che ci sembra istintivamente più naturale, quando dobbiamo scrivere una scena di sesso, di solito è quella della prima persona. Chi meglio della voce del protagonista stesso potrebbe mai immergerci nella delizia e nel vortice dell'amplesso? Giusto?

SBAGLIATO!


Una delle cose più difficili, ma difficili a livello DISUMANO, è gestire una scena zozza dal punto di vista in prima persona di uno dei protagonisti. Il motivo è semplice. 

Diciamo che in qualità di autori avete una prima e fondamentale responsabilità nei confronti del lettore, che è quella di fargli capire che cavolo sta succedendo. Il problema è che la voce del personaggio è uno degli elementi che caratterizza il personaggio stesso. Uno ragazzino di dodici anni, ad esempio, appassionato di skateboard e di Pokémon avrà un lessico e un modo di esprimersi completamente diverso da quello di un anziano professore di storia pensionato. Di fronte al pannello di controllo della cabina di pilotaggio di un jet di linea, una casalinga quarantenne di Sussummano di Sotto avrà qualche difficoltà a dare un nome a tutti i pulsanti e a tutte le levette, al contrario di un pilota con brevetto che possiederà tutto il lessico tecnico che serve per descrivere minuziosamente la scena di un decollo.

Siamo di fronte quindi a un bel dilemma: da una parte, abbiamo il dovere di descrivere la scena al lettore che ci sta leggendo e di fargli capire cosa sta succedendo; dall'altra, non dobbiamo dimenticare chi sta raccontando la storia. Noi, è vero, ma attraverso la voce del nostro personaggio. E come farà un ragazzino di dodici anni a descrivere, ad esempio, cosa succede in una sala operatoria, dal momento che non conosce il nome degli strumenti chirurgici? E non è solo questione di lessico, ovviamente. Non bisogna dimenticarsi l'impatto emotivo.

Prendiamo, ad esempio, di dover descrivere la scena dove un ragazzino viene investito mentre inseguiva la palla rotolata in strada dal giardino. Pensiamo di descrivere la scena dal punto di vista della madre, che assiste impotente all'incidente dal patio di casa. Che tipo di descrizione ne verrà fuori? Da una parte, abbiamo l'obbligo di raccontare cosa succede al bambino (lui che corre in strada inseguendo la palla, la palla che rimbalza fuori dalla sua portata, l'auto che arriva a velocità sostenuta), ma dall'altra dobbiamo ricordarci che chi sta descrivendo la scena è sua madre. Che giudizio dareste al personaggio di una donna che descrive freddamente e meticolosamente tutti i dettagli dell'incidente che ha coinvolto suo figlio? Che giudizio dareste al personaggio dell'uomo qualunque che, di ritorno dal lavoro, trova il cadavere di una prostituta in un vicolo e si mette a elencare con dovizia di dettagli tutte le caratteristiche delle ferite e la posizione del cadavere?

Timmy, nuuuuooooooh

Il che, intendiamoci, non è di per sé "sbagliato". È vostro diritto scrivere di una madre insensibile, o comunque di una persona talmente fredda e razionale da riuscire a rimanere lucida in un momento terribile come l'incidente del proprio figlio (ognuno reagisce al dolore in modo diverso), come è possibile creare un personaggio morbosamente attratto dalla morte, e per questo affascinato dalla scoperta del cadavere e ben felice di darne una descrizione dettagliata. Il problema è, ovviamente, l'essere consapevoli dell'effetto che si sta creando. Vuoi davvero creare il personaggio di una donna fredda e distaccata, o hai fatto prevalere la funzione "narrativa" su quella "emotiva"?

Torniamo al sesso - "oh, finalmente!" "non se ne poteva più!" "io la parte sopra non l'ho manco letta, ho scorso finché non ho ritrovato la parola sesso" - e vediamo cosa succede quando vogliamo fare quelli che descrivono tutto tutto tutto.

E lui mi accontenta. Il suo pollice sinistro si bagna dei miei umori, per poi andare a torturare il mio piccolo centro di piacere con movimenti circolari in senso orario, mentre mi penetra con l'indice e il medio, strappandomi un urlo. Il mio piacere arriva da due fronti; faccio parte di quel 12,5% di donne che riescono ad avere orgasmi vaginali anche senza stimolazione clitoridea, quindi quando entrambi i miei centri vengono stimolati provo un doppio piacere.
Perché questa scena è fastidiosa?

Perché IN TEORIA il personaggio - che è ANCHE la voce narrante - sta provando un piacere disumano, ma IN PRATICA lo stile con cui è scritto questo pezzo fa pensare l'esatto contrario. Se stai provando un piacere disumano, tu personaggio che stai raccontando in prima persona al presente quello che ti succede or ora in questo momento-secondo-istante preciso nell'attimo in cui succede, come puoi essere così lucida da descrivere addirittura in che senso ruota il pollice del partner e la percentuale di donne che come te possono avere orgasmi vaginali senza stimolazione clitoridea?

CHI PENSEREBBE MAI A PAROLE COME "STIMOLAZIONE CLITORIDEA" MENTRE STA FACENDO SESSO? 



Per carità, è il termine scientificamente corretto e più specifici di così si muore. Il lessico specifico è una cosa buona e giusta e se questa scena descrivesse una visita ginecologica griderei al miracolo perché finalmente qualcuno si informa sul lessico specifico da usare prima di scrivere una scena che lo richiede! Ma qui... è un pugno in un occhio!

Prevale, come dicevamo prima, lo scopo "esplicativo", quello che vuole far capire al lettore nel minimo dettaglio cosa sta succedendo. La caratterizzazione del personaggio però fa un bel flop e ne risentono molto anche il pathos e il ritmo narrativo.

Il mio consiglio è quello di inquadrare bene dove volete andare a parare e il tipo di reazione e coinvolgimento ha il vostro personaggio narrante in questa scena. Possono venire fuori cose fatte proprio a modino, tipo questa:
Così io accesi la radio e la baciai e c'era un punto, un certo punto, le sue dita mi guidarono lì e ci fu un momento in cui fui lo stesso vecchio stesso di prima e poi ci fu un posto nuovo dove essere. Lei era calda lì dentro. Molto calda e molto stretta. 
Mi sussurrò all'orecchio, facendomi il solletico con le labbra. «Piano. Finisci bene bene gli spinaci e forse avrai il dolce.» 
Jackie  Wilson  cantò  Lonely  Teardrops  e  io  andai  piano.  Roy  Orbison cantò Only the Lonely e io andai piano. Wanda Jackson cantò Let's Have a Party e io andai piano. Poi lei cominciò a mugolare e non furono le sue dita sul mio collo ma le sue unghie che vi scavavano dentro e quando cominciò a muovere i fianchi contro di me in piccoli colpi bruschi non potei andare piano e allora alla radio cantarono i Platters, Twilight Time cantarono, e lei cominciò a mugolare che non sapeva, non aveva mai immaginato, oh Dio, oh Pete, oh mamma mia, oh Gesù, Gesù Cristo, Pete, e avevo le sue labbra dappertutto, sulla bocca e sul mento e sulle guance, una frenesia di baci.  
Sentivo cigolare il sedile, sentivo l'odore di fumo di sigaretta e l'aroma al pino del deodorante appeso allo specchietto retrovisore e ormai mugolavo anch'io, non so che cosa, i Platters cantavano: Ogni giorno prego di essere con te la sera, e poi cominciò ad accadere. L'andirivieni si trasformò in estasi. Chiusi gli occhi, la tenni fra le braccia con gli occhi chiusi e mi sciolsi dentro di lei in quel modo, come sempre  succede,  tremando  dalla  testa  ai  piedi,  sentendo  la  suola  della  mia scarpa martellare contro lo sportello in uno spasmodico tam-tam, pensando di poterlo fare anche se stavo morendo, anche se stavo morendo, anche se stavo morendo; pensando anche che era un'informazione. 
[Stephen King, Cuori in Atlantide] 







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