giovedì 6 gennaio 2011

«Il Minotauro» Benjamin Tammuz




Thea,
questa lettera battuta a macchina non reca alcuna firma, ed è probabile che non ci incontreremo mai, anche se io ti ho vista e ho fatto in modo che anche tu mi vedessi. È stato circa sei settimane fa. Ti sono passato davanti, fissandoti, e tu mi hai guardato come si guarda uno che ti passa davanti per strada. Non mi hai riconosciuto. Ma anche se non mi hai riconosciuto, tu mi appartieni.
Non avrai mai l’occasione di farmi delle domande, ma la mia voce ti giungerà nelle lettere, e io so che le leggerai. Come faccio a saperlo? Non posso darti altra spiegazione se non quella che sto per dirti: da quando ho memoria di me, io ti ho cercata. Mi era chiaro che tu esistevi, ma non sapevo dove. Il mio lavoro mi ha portato nella città dove vivi. Il mio lavoro è tutto un susseguirsi di supposizioni, ipotesi, rischi. Ho scelto questo lavoro perché non ho mai amato nessuno – tranne te – anche se per tutta la vita ho cercato di amare, cioè di tradirti. Ho legato la mia vita a un lavoro duro e brutale poiché mi sentivo costretto ad amare. Ebbene, io amo il paese che servo, i monti, le valli, la polvere, la disperazione, le strade, i sentieri. L’ho fatto perché non avevo altra scelta, non sapevo se ti avrei mai incontrata. E ora che ci siamo incontrati, è troppo tardi: c’è stato un errore. Deve esserci stata qualche confusione nelle date di nascita, di passaporti; anche in cielo c’è disordine, come in tutti gli altri uffici. In ogni modo, ormai è tardi e impossibile.
Sono venuto a sapere l’indirizzo del collegio dove studi quest’anno, e so anche in quale università sei iscritta per il prossimo. So che ami la musica. Col tempo saprò anche altre cose.
Con questa lettera ti arriverà un pacco contenente un giradischi e un disco. Vorrei che domenica alle 17 tu mettessi il disco sul giradischi. Io farò la stessa cosa nella mia stanza d’albergo, a poca distanza da te, così noi due ascolteremo la stessa musica alla stessa ora. Questo sarà il nostro primo incontro, e io saprò se hai fatto come ti ho chiesto. A dire il vero, so già fin d’ora che esaudirai la mia richiesta.
Ti amo. Ti ho amata in tutti i giorni della mia vita. È duro rassegnarsi all’idea che per strada non mi hai riconosciuto. Ma la colpa non è tua, c’è stato uno sbaglio: di date, di luoghi, di tutto. Non ho dubbi che l’intenzione era di accanirsi contro di me, non contro di te.
Ti sto togliendo le scarpe e sto baciando le dita dei tuoi piedi. Le conosco, così come conosco ogni linea del tuo corpo. Non irritarti, non aver compassione. Non avevo mai conosciuto la felicità finché non ti avrei incontrata.

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